Sunday, January 28, 2007

Kibera

così, giusto per darvi un'idea di dove vive metà della popolazione di questa città (2.5 milioni su 4).


Friday, January 26, 2007

slum marathon


Ieri sono stata a vedere questa cosa grandiosa organizzata dai Comboniani a Korogocho. Ci ho scritto un'articolo che è pubblicato qui:

Marathon marks end of Social Forum

considerazioni a parte:
a me solitamente i preti non piacciono. Però, magari, se li sbattessimo tutti a Korogocho, Kibera e Mathare, qualcosa di utile potrebbero fare persino loro.

Tuesday, January 23, 2007

Di Topshop, e dell’estetica dello sviluppo

Voglio il frappuccino. Voglio andare una settimana in vacanza ad Oxford Street e fare shopping in quei negozi ENORMI con dentro cose che non ho l’immaginazione per desiderare e bisogna che le veda per scoprire di non poterne fare a meno...
Voglio comprare le mutande e poter scegliere tra 40 differenti modelli e fantasie.
Voglio mangiare le caramelle gommose mentre mi faccio le unghie e potermi fare le unghie mentre mi provo i vestiti ed andare su e giù e su e giù per le scale mobili di Topshop.

Ecco.
Ho la crisi del quarto mese. Una specie di astinenza da occidente che ti prende all’improvviso e si manifesta in desideri inspiegabili ed attacchi di bieco consumismo ai quali non si può dare soddisfazione. E non che Nairobi non sia, in qualche modo, un posto occidentale. E’ che gli manca –perdonatemi se sembro cinica, ma il cinismo è il pane della sopravvivenza da queste parti- lo sparkling, lo scintillio....
Qui è tutto generalmente polveroso, generalmente maleodorante, generalmente rotto, in cattivo stato, un po’ cadente.. La maggior parte delle persone ha le scarpe bucate, e molti hanno anche i vestiti a brandelli. Un sacco di persone puzzano perchè non hanno l’acqua per lavarsi.

Ecco. Non avevo mai pensato prima d’ora allo sviluppo economico come qualcosa che avesse a che fare con l’estetica e con i sensi. Mi ero sbagliata, che la povertà ha un odore brutto, e la privazione sa di acido e la recessione economica è dannatamente polverosa e cadente. Credo che sia questa, umanamente, la parte di esperienza più drammatica del vivere in un posto povero, in cui la gente fa fatica ad avere l’essenziale e dunque tutto il resto passa –anche giustamente- in secondo piano.

Io – che ho passato la vita a passeggiare per uno dei posti più belli del mondo senza rendermene conto- faccio fatica a difendermi dagli attacchi che la povertà fa allo sguardo, dalle pile di immondizia con i bambini sopra a caccia di cibo, dagli avvoltoi che si mangiano le carcasse degli animali vicino all’aereoporto.

Non so, forse topshop ha una funzione sociale. Come la televisione spazzatura. Nulla di brutto può succederti là dentro. Nulla di realmente hurting, nulla di così terribilmente vero e ineluttabile ed ingiusto come le cose che ogni tanto vedo e che ogni tanto vorrebbero invece il mondo semplice, il mondo in cui la cosa peggiore che può capitare è un unghia scheggiata, una frangia fuori posto, un tacco rotto.

Wednesday, January 10, 2007

No sugar, No money

Allora, ecco che –persino qui nell’enclave per expats in cui vivo e in cui sono rinchiusa da giorni perchè non riesco ad abbandonare l’ufficio- ci si accorge che questo, dopotutto, è proprio il “terzo mondo”..

E questo non vuol dire mica solo i bambini malnutriti con le mosche, ma tutta una serie di fenomeni assurdi che hanno una spiegazione solo in un’economia che purtroppo non si regge in piedi se non puntellata, ed a volte i picchetti cedono...lasciate che vi illustri:

Caso primo: è finito lo zucchero. Sì, capito bene. Non c’è più lo zucchero in tutto il Kenya. Noi abbiamo chiuso a chiave nel cassettino il mezzo barattolo che ci è rimasto, e guardiamo speranzose a tempi migliori.

La cosa va avanti circa da Natale. Nel nostro supermercato strafico, dove vendono il gorgonzola, il prosciutto e il pesto, gli scaffali dello zucchero sono rimasti preoccupantemente vuoti. Iniziale sconcerto. Sconcerto crescente quando hanno continuato ad essere vuoti, per giorni e settimane. Abbiamo indagato: sembra che l’unica fabbrica kenyana che produce zucchero abbia deciso di fermare la produzione fino a che non risalgono i prezzi. Nel frattempo, visto che è l’unica, e che il Kenya non si può permettere di importare lo zucchero (per non parlare delle ere geologiche che ci vorrebbero) e visto che il governo non ci può fare niente perchè qui sì che è “il libero mercato” (thanks, world bank), vita amarissima e caffè nero (bleah).

Caso secondo: sono finiti i soldi. Non c’è più un solo ATM (Bankomat) funzionante in tutta Nairobi. I negozi non hanno più soldi per il resto, i genitori non sanno come pagare la retta della scuola dei figli, io ho 50 euro in casa (sempre nel cassettino dello zucchero) e quando finiscono chissà. Anche perchè quella kenyana è una economia sostanzialmente “cash”, in cui tutto si compra e si scambia alla vecchia maniera, e cioè con le banconote.
Ora, non è che le banconote siano finite. E’ che sono rimaste imprigionate.
Sono tre giorni che la polizia si rifiuta di fare le scorte portavalori alle banche ed ai negozianti. Il motivo è che le rapine sono tante e che gli standard si sicurezza sono bassi, e insomma, di poliziotti ne muoiono un sacco. Così sono scesi in sciopero. Che però non è che abbia molte speranze, visto il fatto che il vero problema è la sicurezza di questa città (che loro dovrebbero garantire, n.b) e che una pistola costa 10 euro a tre incroci da casa mia.

Insomma, tempi magri.

Povero Kenya.

Tuesday, January 09, 2007

eh??

Scusate, esco un secondo dal mio isolamento pro-scadenza-di-lavoro incombente per indignarmi un attimo sugli aerei americani che bombardano i villaggi somali.
Ora, io non so se vi rendete conto di cosa esattamente sia un villaggio nel sud della somalia, ma perlopiù è costituito da un centinaio di capanne e qualche casupola di mattoni rossi malcotti...
ora, già che i resti delle milizie delle corti islamiche si siano ridotti a nascondersi a Afmadow, la dice lunga sulla loro potenziale minaccia, ma vabbè, facciamo che vogliamo essere paranoici...
ma BOMBARDARE un villaggio? un posto dove se soffia il vento troppo forte già muoiono in dieci perchè stanno tutti appiccicati e non sanno dove ripararsi?
come diamine fa un C130 a "riconoscere il target" tra 100 identiche capanne? li avranno ammazzati tutti.
Barbari incapaci.

Monday, January 01, 2007

proud

Ecco, questo l'ho scritto io per le News di IRIN:
UGANDA: IDPs unlikely to meet deadline to vacate camps

:)

Aggiunta: ok, non io da sola.. come sempre in questo tipo di pubblicazioni altre due persone ci hanno messo le mani... però la sostanza rimane la mia..

Aggiunta 2: beh, evidentemente lo avete letto proprio tutti, perchè oggi mi è arrivata una mail che dice che è il sesto più letto di questa settimana. yuppie. :) I am very very proud now..