Tuesday, January 23, 2007

Di Topshop, e dell’estetica dello sviluppo

Voglio il frappuccino. Voglio andare una settimana in vacanza ad Oxford Street e fare shopping in quei negozi ENORMI con dentro cose che non ho l’immaginazione per desiderare e bisogna che le veda per scoprire di non poterne fare a meno...
Voglio comprare le mutande e poter scegliere tra 40 differenti modelli e fantasie.
Voglio mangiare le caramelle gommose mentre mi faccio le unghie e potermi fare le unghie mentre mi provo i vestiti ed andare su e giù e su e giù per le scale mobili di Topshop.

Ecco.
Ho la crisi del quarto mese. Una specie di astinenza da occidente che ti prende all’improvviso e si manifesta in desideri inspiegabili ed attacchi di bieco consumismo ai quali non si può dare soddisfazione. E non che Nairobi non sia, in qualche modo, un posto occidentale. E’ che gli manca –perdonatemi se sembro cinica, ma il cinismo è il pane della sopravvivenza da queste parti- lo sparkling, lo scintillio....
Qui è tutto generalmente polveroso, generalmente maleodorante, generalmente rotto, in cattivo stato, un po’ cadente.. La maggior parte delle persone ha le scarpe bucate, e molti hanno anche i vestiti a brandelli. Un sacco di persone puzzano perchè non hanno l’acqua per lavarsi.

Ecco. Non avevo mai pensato prima d’ora allo sviluppo economico come qualcosa che avesse a che fare con l’estetica e con i sensi. Mi ero sbagliata, che la povertà ha un odore brutto, e la privazione sa di acido e la recessione economica è dannatamente polverosa e cadente. Credo che sia questa, umanamente, la parte di esperienza più drammatica del vivere in un posto povero, in cui la gente fa fatica ad avere l’essenziale e dunque tutto il resto passa –anche giustamente- in secondo piano.

Io – che ho passato la vita a passeggiare per uno dei posti più belli del mondo senza rendermene conto- faccio fatica a difendermi dagli attacchi che la povertà fa allo sguardo, dalle pile di immondizia con i bambini sopra a caccia di cibo, dagli avvoltoi che si mangiano le carcasse degli animali vicino all’aereoporto.

Non so, forse topshop ha una funzione sociale. Come la televisione spazzatura. Nulla di brutto può succederti là dentro. Nulla di realmente hurting, nulla di così terribilmente vero e ineluttabile ed ingiusto come le cose che ogni tanto vedo e che ogni tanto vorrebbero invece il mondo semplice, il mondo in cui la cosa peggiore che può capitare è un unghia scheggiata, una frangia fuori posto, un tacco rotto.

4 comments:

Anonymous said...

sembri una giornalista. brava !
Ti aspetto non per un frappuccino ma per una meravigliosa granita di caffè con panna
Bacioni

Anonymous said...

ehi la voglio pure io la granita di caffè con la panna....!!!
Cmq se ti fai un giro a v.le Marconi non ti dico che sia lo stesso ma, esclusi gli avvoltoi, più o meno ci siamo.......!
ciao sorellaz reporter...

Anonymous said...

Bellissimo il tuo articolo!!!
Dai manca ancora poco, e poi un giro da Momento, Ethic etc...sarà indispensabile.....
Un bacione

ktilia said...

ok, le prendo come dei seri committments a farmi dei regali quando torno ;)